Un anno fa “festeggiavamo” il Natale a Lecce con mio suocero che arrivava ormai stremato dal sarcoma ai polmoni ma con una grande forza di volontà sedeva a tavola con noi e onorava il pranzo nel migliore dei modi. Di lì a due giorni si metteva a letto e dopo altri due giorni, mi dava l’ultimo saluto certo che la volta successiva non lo avrei più visto vivo. L’11 gennaio il Signore lo chiamava a se ponendo fine alla sua sofferenza e a me è rimasto quel momento così bello e intenso, quel saluto così pieno di tutto.
Oggi, a distanza di un anno, sono qui a vivere un altro Natale di dolore, il mio carissimo amico Testa Frizzante (come lo chiama Patitù), uno di quei pochi amici di tutta una vita, sta combattendo ormai con le ultimissime forze contro una terribile leucemia e a questo punto anche un miracolo sembra difficile da credere…
Certe tristezze sono difficili da gestire, da accettare, da governare, entrano dentro a poco a poco e lavorano lavorano trasformandosi in certi momenti in grande rabbia contro l’ingiustizia della vita che con Testa Frizzante è stata tanto crudele fino all’accanimento e tanto più quanto più lui viveva una vita totalmente dedicata agli altri nonostante il suo braccio di meno: bambini, disabili, infine l’Africa, il Congo… quanto bene ha distribuito a piene mani durante la sua vita, quanto volontariato sempre disinteressato, sempre senza alcun ritorno materiale (ma chissà quanto splendido ritorno morale!)
E tutto questo partendo da una posizione di “non credente”perché le vie di Nostro Signore sono veramente infinite e a noi, per fortuna, spesso imperscrutabili; un passo alla volta, giorno dopo giorno, anno dopo anno, la goccia scavava nel cuore di Testa Frizzante avvicinandolo a quella Fede vera, speciale, che non nasce dal catechismo o dalla Legge ma dal cuore, pronta ad esplodere nel momento in cui ha incontrato un Padre Missionario che altro non era se non il suo alter ego.
Ecco che allora il Natale 2015, il Natale 2016, il dolore, le sofferenze, assumono un altro significato, ecco che oggi le parole del nostro Papa, quella “speranza” ripetuta più e più volte accanto alla parola pace assumono il loro vero significato e sì, c’è speranza, nonostante Nizza e Berlino, nonostante Trump e la Lega, nonostante Aleppo e i barconi del Mediterraneo, c’è speranza perché l’umanità è in grado di produrre persone come il nostro Bergoglio, come il nostro Testa Frizzante, c’è speranza perché guardo la mia Leonessa, guardo la mia Patitù e riesco a trasformare il dolore e la tristezza che ho dentro in un sorriso.